A cura dell’ Avv. Federica Silva
Nell’ambito dell’ amplissima casistica delle procedure di amministrazione di sostegno, non così rari sono i casi in cui emergono questioni di carattere penale.
Due sono le situazioni tipiche in questo senso: la prima è quella in cui il reato commesso ai danni di una persona fragile fa emergere l’opportunità – o sovente, la necessità – di attivare il procedimento di nomina di un amministratore di sostegno.
Questi sono tipicamente i casi di circonvenzione di incapace e, quindi, quelli in cui il reato è commesso approfittando della fragilità della vittima e della sua incapacità di comprendere il contenuto dell’abuso e le sue conseguenze in termini patrimoniali e personali.
Ebbene, in queste situazioni un ruolo fondamentale è svolto dalle persone che affiancano la vittima del reato – siano essi i famigliari/conoscenti o i servizi territoriali, che devono avere la prontezza di accorgersi della situazione e, quindi, la capacità di attivarsi non solo con riferimento al reato in sé ma, altresì, per mettere al sicuro la persona fragile ed il suo patrimonio, mediante la richiesta di nomina di un amministratore di sostegno.
È, infatti, spesso molto difficile far cessare in concreto il rapporto tra la vittima fragile ed il reo. E certamente, dal punto di vista strettamente burocratico, è financo impossibile porre al riparo un patrimonio senza essere i titolari dello stesso, soprattutto in assenza di deleghe o procure. Ecco che, in questi casi, la nomina di un amministratore di sostegno diventa essenziale per arginare i danni che la circonvenzione causa alla vittima, tutelando la persona ed il suo patrimonio.
L’amministratore di sostegno blocca i conti correnti, impedisce pagamenti o transazioni di danaro, impedisce la stipulazione di atti che abbiano ad oggetto gli immobili di proprietà o altri beni preziosi: insomma, l’amministratore di sostegno interviene, di fatto, impedendo che il patrimonio della vittima naturalmente incapace sia ulteriormente distratto.
La casistica è davvero varia, sebbene non tutti i casi giungano alle cronache: assistiamo a donne e uomini anziani, vittime di raggiri, che donano o svendono immobili, trasferiscono ingenti somme di denaro, costituiscono trust con beneficiari soggetti sconosciuti; persone fragili a cui sono intestate centinaia di autovetture, coppie di anziani segregati nel proprio appartamento in condizioni estreme.
La seconda, invece, è quella in cui è l’amministratore di sostegno nominato che, nello svolgimento del suo Ufficio, si accorge che il beneficiario è o è stato vittima di reato.
Casi palesi sono quelli in cui l’ADS verifica, immediatamente dopo la nomina e il giuramento, incontrando il beneficiario, che lo stesso è vittima di una circonvenzione o dei maltrattamenti più vari: quest’ultimo, ad esempio, è il caso di anziani trovati in condizioni abitative e di salute precarie, perché gestiti in totale abuso da parte di un operatore domestico o da altri soggetti.
Più sottili, invece, i casi di sottrazione del patrimonio, in cui l’amministratore di sostegno, nel ricostruire il patrimonio del beneficiario, non si accontenta di analizzare “il presente” ma va a ritroso, e si avvede, ad esempio, di ammanchi ingiustificati nel conto corrente, di immobili donati o svenduti, di società gestite da terzi amministratori a danno del beneficiario-socio.
In questi casi, la competenza, la professionalità e l’esperienza dell’Amministratore di sostegno possono fare la differenza.
Ovviamente, vi è anche il caso in cui è il beneficiario ad essere l’autore del reato: in queste situazioni è importante che l’Amministratore di sostegno si attivi per la migliore difesa della persona fragile, atteso che, in primo luogo, è di fondamentale importanza valutare l’effettiva capacità di quest’ultimo di comprendere di aver commesso un reato.
Da ultimo, non può non essere citato il caso peggiore, quello cioè in cui il beneficiario è vittima del reato compiuto dall’Amministratore di sostegno stesso, ossia dalla persona che dovrebbe tutelarlo e fare i suoi interessi e che, invece, fa i propri, in totale spregio del ruolo che riveste.
Si badi: per la maggior parte dei casi, gli amministratori di sostegno che approfittano del beneficiario fragile sono nominati fra i membri della famiglia. Queste sono ipotesi che aprono a riflessioni più importanti, legate -in primo luogo- alla valutazione preventiva da parte del
Giudice Tutelare circa la persona da nominare come ADS: ad avviso di chi scrive, bene fanno quei Giudici che, nelle procedure in cui vi sono interessi patrimoniali di medio/grande rilievo, nominano ADS professionisti e di fiducia comprovata della Sezione.
Dall’altro lato, assume uguale importanza il momento del controllo esercitato dal Giudice Tutelare sull’attività svolta dall’ADS, che deve essere approfondito non solo in sede di rendiconto ma, altresì, a fronte di ogni istanza depositata, soprattutto se avente ad oggetto atti dispositivi del patrimonio.